Dalla Ciclistica 2000 a Giro e Mondiali: intervista a Eugert Zhupa

Eugert Zhupa aveva 5 anni quando, dall’Albania, come tantissimi suoi connazionali di tantissime famiglie, venne in Italia. Nel suo caso, vicino a Reggio Emilia. Quel bambino nato vicino Durazzo nel frattempo ha fatto strada in sella a una bicicletta. Oggi, che di anni ne ha 33, ha alle spalle una carriera professionistica e nel presente e nel futuro una splendida famiglia (con la compagna Ilaria è papà di Leonardo di due anni e mezzo) ed è uno scandianese a tutti gli effetti. Anzi, sta collaborando attivamente col suo Comune per allestire la partenza della tappa del Giro d’Italia di martedì prossimo. Una tappa che verrà “anticipata” due giorni prima dalle gare Giovanissimi organizzate dalla Ciclistica 2000 Litokol in collaborazione con le locali società ciclistiche Boiardo e Scandiano.
Ricapitolando: Zhupa è di Scandiano, è cresciuto nella Ciclistica 2000 e qualche anno dopo ha corso il Giro. Sarebbe stato l’ospite d’onore ideale per il trofeo Giovanissimi di domenica 14 maggio, ma gli impegni lavorativi non gli permetteranno di esserci. Comunque non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di intervistarlo per far conoscere la sua storia a chi già non la conoscesse.

Come hai iniziato ad andare in bici?
«Per tutte le scuole elementari ho avuto questa passione, questo desiderio di pedalare, ma i miei genitori si rifiutavano categoricamente: avevano paura dei pericoli della strada. Quando avevo 11 anni, però, mio papà fece una scommessa con un nostro vicino di casa di nome Giovanni Riva: se io fossi riuscito a salire in bici sul monte delle Tre Croci senza mai fermarmi, mamma e papà avrebbero acconsentito a iscrivermi a una squadra. Ce la feci, e l’anno dopo tramite Giovanni Algeri entrai nella Ciclistica 2000.»

Quanto tempo hai trascorso nella società di Rubiera?
«Dal 2002 al 2007, gli anni più belli della mia vita ciclistica. Qui ho innanzitutto imparato a portare una bici: all’inizio ero proprio imbranato, non sapevo cambiare, infilare le scarpe con le tacchette nei pedali, vestirmi per bene… Loro mi hanno insegnato tutto dalle basi, ho il ricordo di un bellissimo gruppo dove la bici per i ragazzini è per prima cosa un divertimento. Questa è diventata anche la mia filosofia: se le “squadre piccole” si mettono in testa di correre come professionisti, il rischio è di far perdere la passione ai ragazzi.»

Oltre ad Algeri che fu il tuo primo contatto con la Ciclistica 2000, vuoi menzionare altre persone di quel periodo?
«Lato staff direi William Ugolotti, che mi ha trasmesso tanta passione per il ciclismo, e Giovanni Serio che mi veniva persino a prendere a casa per portarmi agli allenamenti. Lato dirigenza non posso dimenticare l’allora presidente Paolo Rivi (papà dell’attuale presidente Ruggero, che nel 2016 ha raccolto l’eredità paterna ndr) una gran persona, e naturalmente William Tondelli che mi ha aiutato tanto e tuttora è lì a impegnarsi per cercare sponsor e tenere viva la società. Un lavoro sempre più difficile.»

A proposito, proprio di quegli anni è l’ingresso nella compagine societaria del prezioso main sponsor Litokol…
«Sì, avevo 16 anni e avevo iniziato a capire di avere un forte spunto veloce. Nel biennio da Esordiente avevo più che altro preso confidenza con le gare, poi negli Allievi conquistai numerosi bei piazzamenti e soprattutto vittorie. Dopo il primo anno Juniores cambiai squadra, ma porto sempre nel cuore la Ciclistica 2000. Un gruppo di veri appassionati.»

Dopo il 2° anno junior e cinque da Under 23 in diverse formazioni, dal 2015 al 2019 sei stato professionista in Southwest e Wilier Triestina, i team di Scinto e Citracca: che emozione è stata partecipare a quattro Giri d’Italia?
«E pure a un Fiandre e a un Lombardia, esperienze che ti restano dentro! Ho avuto l’onore di correre al fianco di campioni come Pozzato e Petacchi, sono stato anche compagno di un giovane Mareczko. Al Giro ricordo ad esempio una tappa a Roccaraso dove centrai la fuga e potevo giocarsi almeno un podio, ma Michele Scarponi, che ricordo con affetto anche perché credeva molto in me, trainò il gruppo per permettere a Nibali di mettere a dura prova gli altri big, e mi ripresero a pochi chilometri dal traguardo. Mi misi a piangere e dissi loro “a me magari cambiava la vita, a voi non cambiava nulla” ma sono cose che succedono nel ciclismo, ho un ottimo rapporto con Vincenzo. L’anno dopo invece ci fu un arrivo a Reggio Emilia: passiamo da Rubiera e vedo un sacco di volti conosciuti, persone lì a tifare per me… e decido di partire, provando ad anticipare il gruppo. Purtroppo mi hanno ripreso a 700 metri dal traguardo (in volata poi vinse Gaviria, ndr) ma a ripensarci mi viene la pelle d’oca!»

Capitolo Nazionale: hai scelto di rappresentare l’Albania, hai vinto sette titoli nazionali del tuo Paese d’origine e sei stato il primo ciclista albanese a partecipare ai Mondiali!
«Non è stata una scelta dovuta a orgoglio o patriottismo, bensì una sfida personale. Fin da piccolo mi prendevano di mira perché non ero italiano autoctono e venivo dall’Albania, che negli anni Novanta era vista come patria di ladri e delinquenti. Quando iniziai a fare ciclismo allora giurai a me stesso che sarei divenuto il primo albanese di cui i giornali avrebbero parlato bene. La Nazionale italiana juniores mi contattò ma rimasi fermo nel mio ideale: correndo con la maglia rossa del Paese balcanico ho voluto far capire ai più giovani che non importa da dove vieni, ma con passione e sacrifici puoi realizzare i tuoi sogni. E io, oltre alle partecipazioni a Giro e classiche, ho realizzato il sogno di andare in fuga a un Mondiale: quello in Norvegia del 2017, passato alla storia come il terzo successo iridato di fila di Sagan. Partecipai all’azione di dieci uomini delle prime battute di gara, a mio modo sono entrato nella storia. Peccato solo non aver vinto nulla fuori dall’Albania, ma per avere quel guizzo ci vuole anche fortuna e magari a volte sono stato trattenuto dall’ammiraglia per aiutare il velocista designato anziché giocarmi delle chance personali.»

Dopo l’incidente con un’auto pirata in allenamento che ti ha costretto a smettere, cos’hai fatto dal 2020 a oggi?
«Ho trovato lavoro come operaio nel settore della ceramica, sono addetto all’uscita forni della Panaria a Fiorano Modenese. Ma mi piacerebbe poter allenare i ragazzini o addirittura avere una squadra mia: insegnare ai più giovani ad andare in bici, divertendoli e divertendomi.»

Ci auguriamo e ti auguriamo di vederti presto nel ciclismo, Eugert!